|
![]() |
|||||||||
La città Vecchia
La lingua di terra che separa i due mari, Mar Grande e Mar Piccolo, nel corso dei secoli, è sempre apparsa un sito "sicuro", fortunato, attraente. La penisola, divenuta vera e propria isola dopo il taglio del canale navigabile, fu il cuore di Taranto fino a pochi decenni fa, quando la crescita vorticosa della città ne spostò il baricentro al di là del Ponte Girevole e quando fu avviato l'ambizioso piano di risanamento del Centro storico. Rivolgendo lo sguardo a Oriente, ci lasciamo alle spalle, sul promontorio separato dall'isola, dal PONTE DI PIETRA, la zona industriale. Volgendo a sinistra raggiungiamo, in pochi passi, la "MARINA", il lungomare interno che guarda a Mar Piccolo, lungo il quale si svolge il commercio del pescato e sulle cui sponde attraccano le barche e i pescherecci, al sicuro dai capricci del mare. Si respira l'odore buono del mare, le cui acque, pur circondate quasi come lago salato, non ristagnano grazie soprattutto ai numerosi citri di acqua dolce che sboccano dalla crosta sottomarina e che rendono al Mar Piccolo la particolarissima condizione idrobiologica ideale per la coltivazione dei suoi famosi frutti di mare, le cozze. Nei giorni di calma piatta, in mare si disegna un cerchio diseguale: è il citro d'acqua dolce chiamato "L'ANELLO DI
SAN CATALDO". Vuole la leggenda che l'anello pastorale caduto al Vescovo Patrono della città facesse sgorgare quella
sorgente sotterranea.
Seguendo la "ringhiera", si incontra PALAZZO AMATI (1700), sede di istituzioni universitarie con indirizzo marino, quindi si raggiunge il DUOMO DI SAN CATALDO, che s'inframmezza ai palazzi signorili, cui è annesso l'arcivescovado. La Basilica Cattedrale risale al 1071, ma fu più volte rimaneggiata. La facciata, è in stile barocco, opera di Mauro Manieri (1713) l'impianto a tre navate è retto su colonne di stili e di epoche diversi (dal corinto al paleocristiano, ricavate interamente da strutture antiche). Ma il dato artistico più pregevole è rappresentato dal cappellone barocco dedicato al patrono San Cataldo, uno "scrigno" con intarsi meravigliosi, realizzati anch'essi con il marmo prelevato dai reperti archeologici un tempo disseminati sul territorio cittadino. Voluto dall'arcivescovo Tommaso Caracciolo dei principi di Avellino, esso fu realizzato dai più noti marmorai
dell'epoca, tra i quali il napoletano Fanzago e il carrarese Lombardelli, cui si deve anche il meraviglioso paliotto.
E qui le prospettive mutano ancora, gli orizzonti si allargano. Subito sulla destra si intravedono le COLONNE DEL TEMPIO DORICO nell'area recentemente risistemata. E' forse la maggiore testimonianza monumentale del glorioso passato magno-greco, cui fa da quinta un altro antico convento, IL SAN MiCHELE (1700), quasi completamente restaurato, e destinato a ospitare prestigiose istituzioni culturali della Provincia. Affacciato alla "ringhiera" è il MUNICIPIO (1787), di recente tornato alla sua funzione dopo un lungo e laborioso restauro. Quasi accanto, sempre affacciato sul Mar Grande è il PALAZZO D'AYALA (1700 su impianto cinquecentesco), forse il più bello tra i palazzotti nobiliari del borgo antico. Sul lato opposto della piazza è il bellissimo CASTELLO ARAGONESE, imponente opera di difesa, ampliata e ristrutturata da Ferdinando I D'Aragona nel 1492 e attualmente sede di enti della Marina Militare, ma anche delle due più belle gallerie d'arte cittadine. |
![]() |
![]() ![]()
|
||||||||
|
@ | Richiesta informazioni: Staff |
---|---|